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Cognomi italo-stranieri - Parte 2
Parte 2 – Italiani, popolo di emigranti
L’emigrazione di noi italiani nel mondo non è mai stata semplice, siamo spesso stati trattati con forme più o meno latenti di razzismo, almeno fino agli anni ’60 del secolo scorso; ed ai meridionali emigrati nel nord d’Italia non è che sia sempre andata molto meglio, ma questo è un altro discorso. Va comunque ricordato come il trattamento sia stato sempre fortemente schizofrenico: se da una parte gli emigranti poveri venivano spesso (non sempre, per carità) bistrattati, gli artisti, gli sportivi, gli scienziati, i nobili, ecc. venivano trattati con i guanti bianchi e spesso addirittura osannati. Analogamente avveniva con l’Italia, come nazione, che subiva lo stesso trattamento dicotomo.
Tra le motivazioni della discriminazione verrebbe facile pensare immediatamente all’incidenza avuta “dall’esportazione della mafia”. E’ meglio precisare subito che la situazione è molto diversa da quanto generalmente si creda: sì, la mafia è un fenomeno di cui l’Italia ha la triste paternità e, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, l’ha effettivamente esportata. Ma prima, con le scarse comunicazioni con la madre patria, e la difficoltà ad esprimersi nella lingua locale, non era esattamente tra i primi pensieri degli emigrati.
Originariamente la mafia all’estero non la svilupparono tanto gli italiani, quanto le condizioni di emarginazione in cui furono costretti a vivere. Per esempio: negli USA, dove gli italiani erano al penultimo posto della scala sociale, solo appena sopra i neri (“diversamente negri” ci chiamavano gli americani fino agli anni ’10 del secolo scorso), la mafia si è sviluppata ed ha prosperato. In Sud America, dove gli immigrati sono stati molti ma molti di più, invece no, perché lì siamo stati fin da subito ben accetti o quasi.
In ogni caso, di chiunque sia stata la colpa, ovunque nel mondo, la mafia è stata a lungo un fenomeno esclusivo degli italiani, che bollava i nostri connazionali, scherzosamente o meno, quasi come un’equazione. Poi venne la serie di film “Il Padrino” che, forse contrariamente alle intenzioni di Mario Puzo, in un certo qual modo la nobilitò o, comunque, la riabilitò parzialmente e la umanizzò (sia pur nella violenza). Il danno sociale fu enorme (non è questo il posto per approfondire), ma lo scherzo/non-scherzo “Ah, italiano, quindi mafioso!”, terminò quasi di colpo, forse per paura di trovarsi una testa di cavallo mozzata nel letto... A parte gli scherzi anche il benessere economico “scoppiato” in Italia, che spinse ad un turismo di massa all’estero, contribuì e non poco a sciogliere questo binomio, ma la coincidenza resta.
Tornando al “diversamente negri” degli USA, negli anni ’20 del secolo scorso subimmo un “upgrade”, come dicono loro, e diventammo “mangiaspaghetti”.
Anche in Germania siamo stati “mangiaspaghetti”, ma con una nota marcatamente più negativa: il tedesco, infatti, ha due verbi per dire mangiare, uno “essen”, per gli esseri umani, ed uno “fressen”, per gli animali, e noi eravamo per l’appunto “Spaghettifresser”. Oltre a ciò eravamo, e sottovoce ancora talvolta lo siamo, “Itaker”, che è blandamente dispregiativo, un po’ come la nostra definizione “crucchi” nei loro confronti.
Molto più pesantemente colpivano gli svizzeri, per i quali eravamo i “puliscicessi”, per gli inglesi con poca fantasia ma con un fondo di ritegno “camerieri” (che oggi non offenderebbe più nessuno), o anche “macaroni”, mentre i francesi, oltre al solito “macaronì”, e a “Ritals” (originariamente contrazione di franco-italiani, usato principalmente per distinguerci dai “francesi veri”), ostentavano una raffinatezza di comportamenti sprezzanti tale, che nell’immediato dopoguerra (seconda mondiale) fece sì che molti italiani residenti in Francia si spacciassero per corsi, con l’isola mediterranea che vide improvvisamente moltiplicarsi i propri pochi cittadini…
E si potrebbe continuare con altre definizioni (abbiamo scelto solo le più comuni) e altre nazioni, tra cui anche l’Italia certamente non immune da razzismo nei confronti di molti stranieri, ma il parlare della seconda guerra mondiale ci porta al terzo capitolo.
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